Fava, Giuseppe ( Palazzolo Acreide (SR), 1925 settembre 15 - Catania (CT), 1984 gennaio 5 )

Tipologia: Persona

Altre denominazioni: Pippo

Profilo storico / Biografia

Giuseppe Fava nacque a Palazzolo Acreide (Siracusa) il 15 settembre 1925, figlio di maestri elementari e nipote di contadini. Frequentò le scuole medie a Palazzolo e visse a Siracusa gli anni della guerra in Sicilia, frequentando con ottimo profitto il Liceo Gargallo. Ultimati gli studi liceali, nel 1943 si trasferì a Catania e nel 1947 si laureò in giurisprudenza discutendo una tesi sul divorzio, intitolata La separazione personale. Nel 1948 sposò Lina Corridore, dalla quale ebbe due figli: Elena e Claudio.
Alla carriera di avvocato preferì il giornalismo, iniziando come cronista al giornale «Sud sport» di Catania per poi operare in qualità di giornalista professionista dal 1952. Tra il 1951 e il 1956 collaborò con «Il Giornale dell’Isola», «Il Corriere di Sicilia» e «Ultimissime», svolgendovi anche l’incarico di capocronista. Scrisse inoltre per alcuni periodici nazionali quali «La Domenica del Corriere», «L’Europeo», «Tempo Illustrato», «Tuttosport».
Nel 1956 cominciò a lavorare per il quotidiano catanese del pomeriggio «Espresso Sera», di cui in breve divenne capocronista e caporedattore. Fu l’avvio di un duraturo impegno, che si rivelò molto importante per la maturazione giornalistica di Giuseppe Fava, con esperienze come le straordinarie interviste ai capimafia Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Da capocronista si occupò per anni dell’organizzazione delle pagine di cronaca nera, malgrado la sua firma comparisse prevalentemente nella terza pagina e nella rubrica Sullo schermo, con le recensioni e i commenti sui film in uscita nelle sale. Il cinema era, in realtà, un ottimo pretesto per affrontare tematiche storiche, umane e sociali della Sicilia, dell’Italia e non solo.
Nel 1963 fondò «Sud», settimanale di attualità – con veste editoriale decisamente innovativa – che diresse sino al 1964. Le sue principali inchieste giornalistiche furono raccolte nei volumi Processo alla Sicilia (1967, contenente articoli già apparsi sul quotidiano catanese «La Sicilia»), I Siciliani (1980) e Mafia: da Giuliano a Dalla Chiesa (1982). Tutte rappresentarono il primo tentativo di interpretare e raccontare la Sicilia non più come una somma di episodi ma come uno spaccato complesso e drammatico del Sud.
Intellettuale a tutto tondo, con una vita professionale incredibilmente intensa, Giuseppe Fava fu anche apprezzato scrittore, drammaturgo, sceneggiatore, saggista, pittore. Grande risonanza ebbero le mostre personali di Roma (1966, 1975), Catania (1967,1975) e Genova (1975). La vocazione drammaturgica, già presente negli anni giovanili, ebbe il debutto ufficiale con Cronaca di un uomo (premio Vallecorsi 1966), cui seguirono La violenza (premio IDI 1970), Il proboviro. Opera buffa sugli italiani (1972), Bello bellissimo (1974). Dopo l’uscita del libro di racconti Pagine (1969), nel 1975 venne pubblicato il suo primo romanzo Gente di rispetto, cui si ispirò l’omonimo film di Luigi Zampa, seguito da Prima che vi uccidano (1976, ma scritto negli anni Sessanta).
Il 1977 fu, per Fava, l’anno della svolta. Andato in pensione il vecchio direttore di «Espresso Sera», tutti davano per scontata la naturale successione di Fava, che per anni aveva gestito la sezione operativa ed editoriale del giornale. Inaspettatamente l’editore nominò direttore Giuseppe Simili, offrendo all’ingestibile Fava l’incarico di redattore aggiunto alle provincie per il quotidiano del mattino «La Sicilia». Si trattava ovviamente di una proposta provocatoria, umiliante ed inaccettabile, che amareggiò Fava e incise sulla sua scelta di trasferirsi a Roma.
Nella capitale collaborò con il «Corriere della Sera» e condusse alla Rai, per due stagioni consecutive, la trasmissione radiofonica del mattino Voi ed io, ottenendo un ottimo successo di ascolti. In quegli anni si dedicò particolarmente alla narrativa e alla drammaturgia. Nel 1980 uscì il romanzo Passione di Michele, tratto dalla sua sceneggiatura (1979) del film Palermo oder Wolfsburg, vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino dello stesso anno. Sul fronte teatrale fu impegnato nell’elaborazione di diversi lavori mai andati in scena ma anche delle opere Delirio (1977) e Foemina ridens (1979, unica pièce di cui fu anche regista), le cui prime rappresentazioni si tennero tra 1980 e 1981.
Nell’intervallo romano maturò inoltre l’idea di trarre dalle investigazioni giornalistiche Processo alla Sicilia (1966-67) e Processo ai Siciliani (1977-79) un’inchiesta televisiva, realizzata nel 1980 per Rai Tre, con la regia di Vittorio Sindoni e intitolata I Siciliani. Si trattava di sei puntate (le prime cinque di 30 minuti e l’ultima di un’ora) che trattavano approfonditamente diverse quanto spinose situazioni di cronaca siciliana, dal terremoto di Gibellina, alle miniere di zolfo dell’ennese, agli episodi di corruzione, alla strage di viale Lazio a Palermo, al malgoverno. Con date di programmazione non molto gradite da Fava, andarono in onda nell’estate 1980 e non furono più ritrasmesse.
Durante questo periodo fecondo e di grande notorietà nazionale un gruppo di imprenditori catanesi contattò Fava per una proposta irrinunciabile: la direzione, a Catania, di un nuovo quotidiano del mattino, una voce forte, indipendente e libera. La proposta, in realtà, nascondeva una ben diversa intenzione politica, con una proprietà distinta da quella ufficiale, costituita da uno dei cavalieri del lavoro di Catania e due politici, un democristiano e un socialdemocratico. Lo scopo era quello di costruire uno strumento utilizzabile in vista delle elezioni del 1981. Si sceglieva Fava in quanto prestigiosa penna della città, con il proposito, una volta coinvolto nel progetto, di tenerlo sotto controllo.
Fava decise di accettare la direzione ma si cautelò redigendo di propria mano il contratto con la proprietà, in cui fissò – nero su bianco – propri diritti e libertà decisionali. Nel 1980 gli venne affidata la direzione del «Giornale del Sud», che si rivelò subito un quotidiano irriverente senza prudenza né ossequi verso potenti e mafiosi. Un giornale che scriveva ciò che non appariva su altre testate: parlava di stragi, di attentati, tracciava la mappa delle famiglie al potere, denunciava le contiguità politiche e, soprattutto, per la prima volta, faceva nomi e cognomi dei capiclan. Tuttavia l’opinione pubblica, pur assistendo all’evidente degrado della città, non voleva ancora credere che a Catania ci fosse una mafia solida e radicata.
Nell’agosto del 1981 Fava pubblicò una serie di editoriali e articoli contro la decisione del governo Spadolini di installare una base militare NATO nell’ex aeroporto di Comiso, in provincia di Ragusa, destinata ad ospitare oltre cento missili Cruise dotati di testata nucleare. Il contrasto con gli editori raggiunse il culmine nel mese successivo: durante una temporanea assenza del direttore, un avvocato della proprietà bloccò e ridimensionò un articolo sull’arresto a Milano del boss Alfio Ferlito, con un camion carico di una tonnellata di droga. Tutto venne stravolto, stralciato, addomesticato; eliminati i riferimenti alle parentele del boss e censurata la parola mafia. A pochi giorni di distanza Fava venne licenziato, lasciando la direzione del «Giornale del Sud» dopo la pubblicazione del suo manifesto intellettuale di giornalista con l’articolo Lo Spirito di un giornale (11 ottobre 1981), caratterizzato dalla pregnante affermazione «io ho un concetto etico del giornalismo».
Nel 1982 Giuseppe Fava fondò la cooperativa editoriale Radar e il mensile «I Siciliani» insieme a quella parte della redazione che con lui aveva condiviso la scelta etica di un giornalismo libero da ogni condizionamento. «I Siciliani» divenne subito un caso giornalistico nazionale: la Sicilia come metafora, le collusioni incontestabili tra Stato e mafia, la trappola nucleare di Comiso, i nomi e cognomi dei nuovi padroni dell’isola. La tensione etica e la denuncia socio-politica continuavano inevitabilmente a permeare le altre attività in cui era coinvolto, come l’elaborazione dell’opera teatrale Ultima violenza (premio IDI 1985), incentrata su ciò che lo stesso autore definiva «il pericolo incombente del disfacimento morale del paese per l’assalto criminale» e rappresentata al Teatro Verga di Catania nel novembre 1983. Di lì a poco, la sera del 5 gennaio 1984, lo fermano cinque pallottole alla nuca. Fava non fece in tempo a voltarsi né a stupirsi, probabilmente non si accorse neppure di morire, il che rappresentò l’unico effimero conforto per i suoi compagni e per la famiglia.

Complessi archivistici

Compilatori

  • Simone Lisi (archivista)